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LIBRO SESTO | 195 |
26
Seguian costor più uomini lernei,
Armati tutti e fieri ne’ sembianti,
Nobili misti insieme co’ plebei,
E qual giva di dietro e qual davanti,
In forme tai che dir non le saprei,
Sì eran divisati tutti quanti:
E con onor nella cittade entraro,
Ed al real palazzo dismontaro.
27
Nel cuoio del leon nemeo velluto
Recossi Cromi corintio vestito,
Ch’era già al padre suo stato veduto,
Da cui il giel mortale ave sentito,
Con un bastone grande e noderuto,
E di tutte l’altre armi ben guernito,
Sopra Strimon caval di Diomede,
D’uomini mangiator, come si crede.
28
Non altrimenti la testa menando,
Che faccia il toro poi che è ammazzato,
E senza alcun riposo ognor ringhiando
Giva, di suon tal chente fu ascoltato:
Talvolta gía come i cani abbaiando
Si fer sentir di Scilla nel turbato
Mare, in quell’ora ch’Eolo irato spira
Il vento che quel loco più martira.