Pagina:Boccaccio - La Teseide di Giovanni Boccaccio nuovamente corretta sui testi a penna, 1831.djvu/234

Da Wikisource.
216 LA TESEIDE


14


De’ nobili e del popolo il romore
     Toccò le stelle, sì fu alto e forte;
     Gl’Iddii dicendo servan tal signore
     Che degli amici suoi fugge la morte;
     E con pietoso e grazïoso amore
     Dà ne’ contasti men gravosa sorte:
     Ed in quel loco senza dipartirsi
     Cento e cento s’elessero, e partirsi.

15


Levossi prima adunque in piede Arcita,
     Ed in parte del teatro si trasse,
     Appresso Palemon d’altra partita
     A fronte disse Teseo se n’andasse,
     E ciaschedun della gente lì sita
     Con cui più gli piacesse s’accostasse;
     Aveva detto: e però immantinente
     Se n’andaro ad Arcita questa gente.

16


Il primo fu il fiero Agamennone,
     Poi Menelao, e Polluce e Castore
     Con la lor gente, e poi Pigmaleone,
     Il re Licurgo, e di Pilo Nestore,
     Il gran Peleo col popol mirmidone,
     E il corintio Cromio di valore;
     Sicheo e Peritoo ancor vi giro,
     Ed Ippodamo ed altrui più il seguiro.