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312 | LA TESEIDE |
20
Quivi era sì dolente Agamennone,
Menelao Nestore e ciascheduno
Altro amico di lui o compagnone,
Che non pareva aver vinto a nessuno;
Anzi di doglia vie maggior cagione
Aver, che di pigliar riposo alcuno:
E ’n qua e ’n là si givan lamentando,
Gl’iddii di tanta offesa biasimando.
21
Palemon tristo d’una e d’altra cosa
Del mal d’Arcita forte si dolea;
Ma più assai sua fortuna angosciosa,
Che quivi perditor fatto l’avea:
Nè sa se isperanza grazïosa
Si prenda quindi, o se l’aspetta rea:
E pur conosce Arcita per parente,
Nè può fuggir che non ne sia dolente.
22
Fece Teseo il campo a’ vincitori
Raccoglier tutto, e fece comandare
Che qual non fosse de’ combattitori
Senza dimoro sen dovesse andare;
I qua’ po’ furo al teatro di fuori,
Fece quel dentro alle guardie serrare:
E mise cura solenne in Arcita,
In rivocar la sua vita smarrita.