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LIBRO DECIMO 341


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Signor, tu sai che poi che di Creonte
     Il giusto Marte ti diede vittoria,
     Io che con lui t’era uscito a fronte
     Per prigion preso fui, della tua gloria
     Piccola parte, e certo non isponte,
     E Palemone ancor, come a memoria
     Esser ti dee, li qua’ festi guardare,
     Forse temendo del nostro operare.

21


Ma poichè quindi fummo liberati,
     Per tua bontà e per tua cortesia,
     Li nostri ben, donde eravam privati,
     Ci fur renduti, e ogni baronia,
     Come ti piacque, avemmo, ed onorati
     Fummo quali eravam giammai in pria,
     De’ quali a Palemon tutta mia sorte
     Ti prego doni, appresso la mia morte.

22


Similemente ancor t’è manifesto
     Quanto amor m’abbia per Emilia stretto;
     Il quale al tuo servigio sol per questo
     Ad esser venni, nè ciò che sospetto
     Mi dovea esser non mi fu molesto;
     Anzi con fè serviva e con diletto;
     Nè credo mai ti trovassi ingannato
     Di cosa che di me ti sia fidato.