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380 | LA TESEIDE |
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E gli orni pien di pece, nutrimenti
D’ogni gran fiamma, e gl’ilici soprani,
E ’l tasso, li cui sughi nocimenti
Soglion donare, e i frassini ch’e’ vani
Sangui ber soglion de’ combattimenti,
Col cedro che per anni mai lontani
Non sentì tarlo nè disgombrò sito
Per sua vecchiezza dove fosse unito.
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Tagliato fuvvi ancor l’audace abete,
E ’l pin similemente, che odore
Dà dalle tagliature com sapete,
Ed il fragil corilo, e ’l bicolore
Mirto, e con questi l’auno senza sete,
Del mare amico, e d’ogni vincitore
Premio la palma fu tagliata ancora,
E l’olmo che di viti s’innamora.
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Donde la Terra sconsolato pianto
Ne diede, e quindi ciascun altro iddio
De’ luoghi amati si partì intanto,
Dolente certo, e contra suo disio;
E l’arbitro dell’ombre Pan, che tanto
Quel luogo amava, e ciascun Semidio
E’ lor parenti: ancor piangea la selva,
Che forse lì mai più non si rinselva.