Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/108

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102 ninfale fiesolano

XXIV.

Ma poichè tu non vuoi che io con teco
     Rimanga qui, venir te ne potrai
     Qui presso a casa mia: con esso meco
     E colla madre mia lì ti starai,
     La qual, mentre che tu starai con seco,
     Sempre come figliuola tu sarai
     Da lei trattata, e da mio padre ancora,

     E potrai d’amendue esser la nuora.

XXV.

Cotesto ancor per nulla non vo’ fare,
     Mensola disse, ch’io teco ne venga
     A casa tua, per voler palesare
     Il mio peccato, e ancora mi convenga
     In questo sì gran mal perseverare:
     Prima la vita mia morte sostenga
     Ch’io vada mai là dove sia persona,

     Poi c’ho perduto sì bella corona.

XXVI.

Io non mi missi a seguitar Dïana
     Per al mondo tornar per niuna cosa;
     Che s’io avessi voluto filar lana
     Colla mia madre, e divenire sposa,
     Di qui sarei ben tre miglia lontana
     Col padre mio, che sopra ogn’altra cosa
     M’amava e volea bene, ed è cinqu’anni
     Che mi fur messi di Dïana i panni.