Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
parte quinta | 109 |
XLV.
Quivi l’un l’altro baciava e mordeva,
Stringendo forte, e chi le labbra prende:
Anima mia, ciascheduno diceva,
All’acqua, all’acqua, che ’l fuoco s’accende:
Macinava il mulin quanto poteva,
E ciascheduno si dilunga e stende:
Attienti bene: oimè, oimè, oimè,
XLVI.
L’acqua ne venne, e il fuoco si fu spento,
E ’l mulin tace, e ciascun sospirava:
E come fu di Dio in piacimento
Mensola allor d’Affrico ingravidava
D’un fantin maschio di gran valimento,
Che di virtute ogn’altro egli avanzava
Al tempo suo, siccome questa storia
XLVII.
Il giorno quasi tutto se n’era ito,
E molto poco si vedea del sole,
Quando ciascuno ha il suo fatto fornito,
E preso quel piacer che ciascun vuole:
Affrico poi ch’avea preso partito
Di doversene andar, forte si duole,
E Mensola tenendo fra le braccia,
Dicea baciando l’amorosa faccia: