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110 | ninfale fiesolano |
XLVIII.
Maladetta sie tu, o notte scura,
Tanto invidiosa de’ nostri diletti,
Perchè mi fai da sì nobil figura
Partir sì tosto? come ch’io aspetti
Ancor riaver questa cotal ventura:
E con cotali e molti altri suo detti
Quanto poteva il più si dolea forte,
XLIX.
Mensola bella tutta vergognosa
Istava, e parle aver fatto gran fallo,
Come che non le fosse sì gravosa,
Come la prima volta in contentallo:
E che paruta le fosse la cosa
Molto più dolce senza rissa il gallo;
Pur di non esser trovata col frodo
L.
Or non so io che ti possa più fare,
E che di non partirti abbi cagione,
Però per lo mio amor ti vo’ pregare,
Dapoi che interamente tua intenzione
Da me ha’ avuta, te ne deggi andare
Senza far meco più dimoragione,
Perchè sicura non mi terrò mai,
Se non quando tu gito ne sarai.