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116 | ninfale fiesolano |
III.
E giunta alla caverna sua, in quella
Entrò occupata di molti pensieri;
E quivi ogni sua doglia rinnovella,
Dicendo: lassa a me! perchè l’altrieri,
Quando Affrico mi vide tanto bella
Con Dïana alla fonte da primieri,
Non fu’ io morta il giorno maladetto,
IV.
Non so giammai, tapina, con qual faccia
Vada innanzi a Dïana, nè che modo
Io mi debba tener, nè ch’io mi faccia,
Che di paura mi consumo e rodo;
E ogni senso dentro mi s’agghiaccia,
E nella gola mi s’è fatto un nodo
Per la malinconia e pel dolore
V.
Deh morte vieni a questa sventurata,
Vieni a questa mondana peccatrice;
Vieni a colei che ’n malora fu nata,
Non t’indugiar, che mi fie più felice
Morire aval, poic’ho contaminata
La mia verginità; che ’l cor mi dice,
Che se da te non vorrai molto tosto,
Di farmi incontro a te ho il cor disposto.