Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/131

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parte sesta 125

XXX.

Non ti ricorda quando colle mani
     Insieme in questo loco ci pigliammo,
     E con tuoi saramenti falsi e vani
     Dicesti di tornar; poi ci baciammo
     Insieme gli occhi, che stanno or lontani,
     Ed in quel luogo poi ci partivammo?
     Non ti ricorda quanti testimoni

     Aggiugnesti alle tue promessïoni?

XXXI.

Io non potrei mai dir quanti lamenti
     Affrico fece il dì quivi piangendo:
     E per crescer maggiori i suoi tormenti,
     Giva ogni cosa quivi rivolgendo,
     Del suo amore tutti gli accidenti
     Buoni e cattivi; e per questo crescendo
     La doglia sua ognor molto maggiore,

     Diliberò d’uscir di tal dolore.

XXXII.

E sopra l’acqua del fossato gito,
     L’aguto dardo si recava in mano,
     E al petto si ponea ’l ferro pulito,
     E in terra l’asta, dicendo: o villano
     Amor, che m’ha’ condotto a tal partito,
     Ch’io mora in questo modo tanto strano;
     E pure innanzi ch’io voglia più stare
     In cotal vita, mi vo’ disperare.