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128 | ninfale fiesolano |
XXXIX.
E ’l fitto dardo gli cavò del core,
E il ferro rimirava con tristizia,
Poi diceva con pianto e con dolore:
Chi tel lanciò con sì crudel nequizia
Nel petto, figliuol mio, con tal furore?
Ch’io n’ho perduto ogni bene e letizia:
Credo che fu Dïana dispietata,
XL.
Ma poi ch’egli ha quel dardo rimirato
Più e più volte, conobbe ch’egli era
Quel che ’l suo figlio sempre avea portato,
Perchè con trista e lagrimosa cera
Disse: o tapin figliuolo sventurato,
Qual fu quella cagion cotanto fiera
Che ti condusse qui a sì ria sorte,
XLI.
Poi dopo molto ed infinito pianto
Giraffone il figliuol si gittò in collo,
E con quel dardo doloroso tanto
Alla casetta sua così portollo:
E alla madre il fatto tutto quanto,
Piangendo tuttavia, raccontollo,
E ’l dardo le mostrava, e sì diceva
Come del petto tratto gliel’aveva.