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parte sesta | 129 |
XLII.
Se la madre fe’ quivi gran lamento
Non ne domandi persona nessuna,
Che dir non si potrebbe a compimento
Le grida e il pianto per cosa veruna:
E quanta doglia sentì con tormento,
Bestemmiando gl’Iddei e la fortuna,
E il viso stretto con quel del figliuolo
XLIII.
Pure alla fine, siccom’era usanza
A quel tempo di far de’ corpi morti,
Così allor, dopo gran lamentanza,
E urli e pianti durissimi e forti,
Arson quel corpo, con grande abbondanza
Di lagrime e dolor senza conforti,
Come color ch’altro ben non aveno,
XLIV.
E poi ricolson la polver dell’ossa
Del lor figliuolo, e al fiume se n’andaro,
Là dove l’acqua ancor correva rossa
Del proprio sangue del lor figliuol caro,
E in su la riva feciono una fossa,
E dentro in quella poi vel sotterraro,
Acciocchè ’l nome suo non si spegnesse,
Ma sempre mai il fiume il ritenesse.
ninf. fies. | 9 |