Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/137

Da Wikisource.

parte sesta 131

XLVIII.

Così più ogni giorno assicurata
     Mensola s’era, da poi ch’ella vede
     Che dalle sue compagne era onorata
     Siccome mai, e ciascuna si crede
     Che com’elle non sia contaminata,
     Ed alle sue bugie si dava fede,
     E perchè ancora a Dïana credea

     Il peccato celar che fatto avea.

XLIX.

Non però amor l’avea tratto del petto
     Affrico, e ch’ella non si ricordasse
     Del nome suo, e del preso diletto,
     E che tacitamente nol chiamasse,
     Quando avea tempo, e ch’alcun sospiretto
     Assai sovente per lui non gittasse,
     Siccome innamorata, e paurosa

     Tenea la fiamma dentro al cor nascosa.

L.

E come far solea, già cominciava
     Colle compagne sue, col dardo in mano,
     A gir cacciando; e quand’ella arrivava
     Dove Affrico la prese, di lontano
     Quel luogo rimirando sospirava,
     Dicendo in fra sè stessa molto piano:
     Affrico mio, quanto di gioia avesti
     Già in quel loco quando mi prendesti!