Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/138

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132 ninfale fiesolano

LI.

Or non so io che di te più si sia,
     Ma credo ben che stai in gran tormento
     Per me: ma non è già la colpa mia,
     Paura è che mi toglie ogni ardimento:
     Così dicendo volentier vorria
     Affrico suo aver fatto contento,
     Ove credesse che giammai saputo

     Da Dïana o da ninfe fosse suto.

LII.

Vivendo adunque Mensola in tal vita,
     Innamorata e suggella a temenza,
     Alquanto nel bel viso impalidita
     Era venuta per quella semenza
     Che nel suo ventre già era fiorita;
     Passò tre mesi senza aver credenza
     Di partorir giammai, o far figliuolo,

     Com’ella fece poscia con gran duolo.

LIII.

Ma facendo suo corso la natura,
     In capo di tre mesi incomincioe
     A manifesta far la creatura
     Che dentro al venire suo s’ingeneroe,
     Per la qual cosa a sè ponendo cura,
     Mensola forte si maraviglioe,
     Vedendosi ingrossare il corpo e’ fianchi,
     E di gravezza pieni e fatti stanchi.