Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/140

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134 ninfale fiesolano

LVII.

Mensola nel bel viso venne rossa,
     Udendo ta’ parole, per vergogna,
     E non veggendo che negar lo possa,
     Con gli occhi bassi timida trasogna,
     Volendosi mostrar di questo grossa;
     Ma poi veggendo che non le bisogna
     Celarlo a lei, che tutto il conoscea,

     Senza guatarla, o risponder, piangea.

LVIII.

Sinedecchia veggendo il suo lamento,
     E la vergogna e la sua puritade,
     Avvisò che di suo consentimento
     Non fosse questo, nè sua volontade,
     Ma fosse stato con isforzamento,
     Perchè alquanto ne le venne pietade,
     E per volerla un poco confortare,

     In questo modo incominciò a parlare.

LIX.

Figliuola mia, questo peccato è tale,
     Che nol potrai celarlo lungamente;
     E come ch’abbi fatto pur gran male,
     Non vo’ però che tanto fieramente
     Tu ti sconforti, ch’omai poco vale
     Se tu te n’uccidessi veramente;
     Ma vegnamo a’ rimedi, e dimmi come
     E chi ti tolse di castità il pome.