Vai al contenuto

Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/142

Da Wikisource.
136 ninfale fiesolano

LXIII.

Poi tanto seppe dirle e confortarla
     Ch’ella la fe’ di piangere restare,
     Promettendole sempre d’aiutarla,
     Come figliuola, in ciò che potrà fare.
     Poi d’ogni cosa volendo avvisarla,
     In questo modo cominciò a parlare:
     Figliuola mia, quel ch’io ti dico intendi,

     E fa’ che bene ogni cosa comprendi.

LXIV.

Quando compiuti i nove mesi avrai,
     Dal giorno che peccasti incominciando,
     Una creatura tu partorirai;
     Allor la Dea Lucina tu chiamando,
     Il suo aiuto le dimanderai,
     Ella pietosa tel darà; e po’ quando
     Nata sarà, quel che fia vederemo,

     E a ogni cosa ben provvederemo.

LXV.

E tu di questo non ti dar pensiero,
     Lascialo a me, ch’i’ ho ben già pensato
     Dentro dal cor ciò che farà mestiero,
     E ciò che far dovrò quando fia nato.
     Ma fa’ che fuori di questo sentiero
     Non vadi in questo mezzo, che ’l peccato
     Non sia palese a quelle che nol sanno,
     Che tornar ti potrebbe in troppo danno.