Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/169

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parte settima 163

LXIX.

Io sono un de’ tuoi servi, al quale imposto
     Mi fu per te, come a servo leale,
     Di compor questa storia, ed io disposto
     Sempre ubbidirti, come quegli al quale
     Una donna m’ha dato e sottoposto,
     Col tuo aiuto i’ l’ho fatta cotale
     Chent’è suto possibile al mio ingegno,

     Il qual i’ ho acquistato nel tuo regno.

LXX.

Ma ben ti prego per gran cortesia,
     E per dovere e per giusta ragione,
     Che questo libro mai letto non sia
     Per gl’ignoranti e villane persone,
     I quai non seppon mai chi tu ti sia,
     Nè di voler saperlo hanno intenzione,
     Che molto certo son che biasimato

     Saria da loro ogni tuo bel trattato.

LXXI.

Lascial leggere agli animi gentili,
     E che portan nel volto la tua insegna,
     Accostumati angelici ed umili,
     Ne’ cuor de’ quali la tua forza regna.
     Costor le cose tue non terran vili,
     Ma esser le faran di lode degna,
     Te’, ch’io tel rendo, dolce mio signore,
     Al fin recato pel tuo servidore.