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Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/17

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parte prima 11

XXIV.

Vedea Dïana sopra all’altre stante
     Rigida nel parlare e nella mente,
     Con le saette e l’arco minacciante,
     E vedeva le ninfe parimente
     Timide e paurose tutte quante,
     Sempre mirando il suo viso piacente.
     Ognuna stava cheta, umíle e piana

     Pe ’l minacciare che facea lor Dïana.

XXV.

Poi vide che Dïana fece in piede
     Levar dritta una ninfa, che Alfinea
     Aveva nome, però ch’ella vede
     Che più che alcun’altra tempo avea,
     Dicendo, ora m’intenda qual qui siede:
     Io vo’ che questa qui in mio loco stea,
     Però ch’intendo partirmi da voi,

     Sì che com’io obbedita sia poi.

XXVI.

Affrico stante costoro ascoltando,
     Una ninfa a’ suoi occhi gli trascorse,
     La quale alquanto nel viso mirando,
     Sentì ch’amor per lei al cor gli corse,
     Che gli fer sentir gioia sospirando
     Le fiaccole amorose che gli porse;
     E un sì dolce disio, che già saziare
     Non si potea della ninfa mirare.