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Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/232

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62 a messer francesco

non è a lui la schiatta del gran Giove, non le ricchezze di Dario, non le forze d’Ercole, o la prudenza di Salomone: certamente egli è grande, non meno per la sventura de’ suoi maggiori che per suo merito. Pel mancamento de’ buoni uomini spesse volte sono esaltati i cattivi. Ma concedasi che per sua virtù sia venuto colà dove la fortuna l’ha levato, ed aggiugnamoli la preeminenza, se tu vuoi, di ciascuno grandissimo re; debbonsi così fastidiosamente schalcheggiare i minori? Il giuoco della fortuna è volubile. Ella è usata di gittare in terra quelli ch’ella aveva levati in alto, nè in uno medesimo stato sotto il sole lascia alcuna cosa. Non si ricorda questo tuo Mecenate aver letto, Serse re di Persia aver coperta la terra di soldati e ’l mare di navi per far guerra agli Achei, da’ quali rotto, lui, tagliati e cacciati gli eserciti e per pestilenza consumati, il navilio distrutto, in una nave di pescatori presso al mare Ellesponto umilemente pregare i marinari che lo trasportassono di Europa in Asia? e passato solo, avendo alquanto seduto nel lito d’Asia...? Non si ricorda d’aver letto di Policrate di Samia, che volendo non si poteva fare adirata la fortuna, per subita mutazione delle cose nel colle del monte Midalense d’Oriente, prefetto del re Dario, essere in croce confitto, e in essa patire? Non si ricorda d’aver letto, Prussia per addietro re di Bitinia, posta giù la maestà reale, ne’ covaccioli delle fiere, umile e pauroso con un solo servo nascondersi? Ma a che conduco io in mezzo gli antichi esempli, conciossiacosach’egli abbia innanzi agli occhi de’ freschi quasi innumerabili,