Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/244

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74 a messer francesco

de’ quali per quel gran fatto siano immobili, con felice memoria. Questo, per la casa di Polluce, è non solamente degno della penna mia, ma degno d’essere lasciato a quelli che dopo poi verranno, scolpito con lettere d’oro.

Vogliono ancora, il Magnanimo essere non solamente perdonatore delle ingiurie, ma ancora non curarle; il che fu sommamente osservato da Cesare dittatore. Se costui ad alcuno d’animo l’abbia fatto, non l’ho assai di certo; conciossiacosachè alcuni che sanno i suoi segreti, affermino che niuno sarebbe più crudel fiera di lui se li sia data copia della vendetta: e se non li sia data, niuno essere maggiore perdonatore di lui. E oltr’a questo dee il Magnanimo tenere a vili le ricchezze, e con tutte le forze cercare onore. Costui avere a vili le ricchezze non confesso; ma quanto egli desideri tutti gli onori, già assai è suto mostrato; ma egli non se ne fa degno come al Magnanimo si confà. È ancora il Magnanimo spontaneo facitore di doni, non desideroso ricevitore; ma costui in questa parte volge l’ufficio della virtù, conciossiacosachè e’ sia ricevitore spontaneo, e non desideroso donatore. Chi potrebbe annoverare tutte le cose del Magnanimo? conciossiacosachè per le già dette cose, benchè con asciutto piede l’abbia passate, sia chiaramente manifesto lui non esser Magnanimo, ma avere alcuna volta fatto alcuno atto di Magnanimo.

La virtù abituata nell’animo, per la quale meritamente l’uomo è detto Virtuoso, persevera, e non d’uno atto quasi compiuto usa l’ufficio suo. Altri