Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/261

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a madonna andrea acciaiuoli 91

dor suo reale è così lucente e chiaro, e questa mia operetta quasi favilla mezza estinta, temendo non il maggior lume oscurasse il minore, subito mi cangiai d’opinione. Onde con nuovo pensiero trascorrendo molte altre, alla fine da quella nobilissima regina rivolsi in te, non immeritamente, il mio desio. Imperocchè meco stesso esaminando i tuoi piacevoli e benigni costumi, la grande onestà, grandissimo onor delle donne, il parlare accorto e saggio: e appresso questo veggendo la generosità dell’animo tuo, le forze dell’ingegno, colle quali trapassi di gran lunga le doti comuni delle donne: oltre di ciò considerando, che in quello che la natura al femminil sesso ha mancato, Iddio per sua liberalità, in quanto s’è potuto, ha supplito, e quel più locato nel tuo petto, onde ha voluto designarti col nome c’hai, uguale agli effetti e operazioni che da te escono (perciocchè Andros in lingua greca non è altro in latino che uomo) m’ho anch’io immaginato che se’ degna d’essere agguagliata a tutti i degni e antichissimi uomini. E però veggendoti a’ tempi nostri, per molti splendidi e onorati fatti chiaro esempio d’antichità, come a tuo splendor benemerito, ho voluto aggiungervi il dono del titolo di questa operetta, giudicando con queste poche lettere non minor ornamento appresso i successori averti accresciuto, di quello che già abbia fatto la contea di Monte Odorisio, ed ora quella d’Altavilla, per le quali la fortuna l’ha fatto illustre. A te dunque mando, ed al tuo nome consacro quanto finora ho scritto delle donne famose; pregandoti, onorata donna, per il santo