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parte prima | 23 |
LX.
E Affrico diceva fra sè stesso:
E’ non mi par che Mensola ci sia:
E poi fattosi a loro un po’ più presso,
La sua mala ventura maledia,
Dicendo: Vener, quel che m’hai promesso,
Non pare ch’avvenuto ancor mi sia.
Ma che farò? domanderò costoro
LXI.
Deliberato adunque il giovinetto
Di scoprirsi a costor, si fece avanti,
Oltre vicino a lor, poi ebbe detto
Con bassa voce e con umil sembianti:
Dïana, a cui il cor vostro sta suggetto,
Vi mantenga nel ben ferme e costanti,
O belle ninfe: non vi spaventate,
LXII.
Io vo caendo una di vostra schiera,
La qual Mensola credo che chiamata
Sia da voi, per ciascuna riviera;
E bene è un mese ch’io l’ho seguitata,
Ma ella è tanto fuggitiva e fera
Che sempre innanzi a me s’è dileguata;
Però vi prego, dilettose e belle,
Che la insegnate a me, care sorelle.