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parte prima | 25 |
LXVI.
Ma che ti vale, o Affrico, pregalle?
Elle si fuggon pur verso la costa,
E tu soletto riman nella valle
Senza da loro avere altra risposta;
Rimanti dunque di più seguitalle,
Poichè ognuna a fuggire è pur disposta:
Le tue lusinghe col vento ne vanno,
LXVII.
Ell’eran già da lui tanto lontane
Che di veduta perdute l’avea,
Perchè di più seguirle si rimane,
E fra sè stesso forte si dolea
Di quelle ninfe sì selvagge e strane.
Che farò dunque, lasso a me, dicea,
I’ non ci veggo modo niun pel quale
LXVIII.
E non mi val lusinghe nè pregare,
E nulla fare’ mai s’io mi tacessi:
Io non posso con lor la forza usare,
Che volentier l’userei s’io potessi;
E s’io potessi almen pure ispiare
Ove Mensola fusse, o pur sapessi
Dove cercarne, o dove si riduce,
Ma vo cercando com’uom senza luce.