Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/43

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parte seconda 37

XXVII.

Ella lo vide prima che lui lei,
     Perchè a fuggir del campo ella prendea:
     Affrico la sentì gridare omei,
     E poi guardando fuggir la vedea;
     E infra sè disse, per certo costei
     È Mensola, e poi dietro le correa;
     E sì la prega, e per nome la chiama,

     Dicendo, aspetta quel che tanto t’ama.

XXVIII.

Deh, o bella fanciulla, non fuggire
     Colui che t’ama sopra ogn’altra cosa.
     Io son colui che per te gran martire
     Sento dì e notte senza aver mai posa:
     Ch’i’ non ti seguo per farti morire,
     Nè per far cosa che ti sia gravosa,
     Ma solo Amor mi li fa seguitare,

     Non nimistà nè mal ch’io voglia fare.

XXIX.

Io non ti seguo come falcon face
     La volante pernice cattivella,
     Nè ancora come fa lupo rapace
     La misera e dolente pecorella,
     Ma sì come colei che più mi piace
     Sopr’ogni cosa, e sia quanto vuol bella.
     Tu se’ la mia speranza e ’l mio disio,
     E se tu avessi mal sì l’avre’ io.