Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/45

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parte seconda 39

XXXIII.

Ma i’ ben veggo che ’l pregar non vale,
     Nè parola ch’io dica non ascolti,
     E di me servo tuo poco ti cale,
     Nè mai indietro gli occhi non hai volti;
     Ma come egli esce dell’arco lo strale,
     Così ten vai per questi boschi folti,
     E non ti curi di pruni o di sassi

     Che graffian le tue gambe, e de’ gran massi.

XXXIV.

Or poi che di fuggir se’ pur disposta
     Colui che t’ama, secondo ch’io veggio,
     Senza fare a’ miei preghi altra risposta,
     E par che per pregar tu facci peggio,
     Io prego Giove che ’l monte e la costa
     Ispiani tutta; questa grazia chieggio,
     E pianura diventi umíle e piana,

     Ch’al correr non ti sia cotanto strana.

XXXV.

E prego voi, Iddii, che dimorate
     Per questi boschi e nelle valli ombrose,
     Che se cortesi fuste mai, or siate
     Verso le gambe candide e vezzose
     Di quella ninfa, che voi convertiate
     Alberi e pruni e pietre e altre cose,
     Che noia fanno a’ pie’ morbidi e belli,
     In erba minutella e praticelli.