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50 | ninfale fiesolano |
LXVI.
E questo detto il capo giù ripose,
Senza più dir, ma forte sospirando.
La madre, avendo udite queste cose,
Con seco venne alquanto ripensando,
Dicendo: e’ mi s’accosta, che gravose
E maggior pene gli fien favellando,
Che forse gli rimbomba quella voce
LXVII.
E della camera uscì, e in sul letto
Lasciò il figliuolo con molti sospiri:
Il qual poi che si vide esser soletto,
D’amor si dolea forte e de’ martiri
I quai crescean nel non usato petto
Con maggior forza, e più caldi i desiri
Che prima non facien, dicendo: i’ veggio
LXVIII.
Io mi sento arder dentro tutto quanto
Dall’amorose fiamme, e consumare
Mi sento il petto e ’l cor da ogni canto,
Nè non mi può di questo nullo atare
Nè conforto donar poco nè quanto;
Sol’una è quella che mi può donare,
S’ella volesse, aiuto e darmi pace,
E di me sol può far quanto le piace.