Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/69

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parte terza 63

XXVII.

Voi ne cantate e menatene gioia,
     Manifestando la vostra allegrezza,
     Ed io ne piango con tormento e noia,
     E giorno e notte menando gramezza;
     E veggio pur ch’alfin convien ch’i’ muoia,
     Così mi liberrò d’ogni gravezza,
     Senza aver mai avuto alcun diletto

     Di quella che m’ha il cor tanto costretto.

XXVIII.

E dopo un gran sospir sì fortemente
     A pianger cominciava il giovinetto,
     E le lacrime sì abbondevolmente
     Gli uscian degli occhi, che le guance e ’l petto
     Pareano fatti un fiumicel corrente,
     Tant’era dalla gran doglia costretto:
     Poi nella bella fonte si specchiava,

     E con l’ombra di sè stesso parlava.

XXIX.

Poi che si fu con lei molto doluto,
     E la fonte di lagrime ripiena,
     E molti pensier vani avendo avuto,
     Alquanto di più pianger si raffrena
     Per un pensier che nel cor gli è venuto,
     Ch’alquanto mitigò la greve pena,
     Tornandogli a memoria la speranza
     Che gli diè Vener della sua amanza.