Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/71

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parte terza 65

XXXIII.

L’una parte per Mensola vi misse,
     L’altra in suo nome volle che vi ardesse,
     Per veder se miracol ne venisse
     Per lo quale speranza ne prendesse
     O buona o ria, pur ch’ella avvenisse,
     Acciò sapesse che sperar dovesse;
     E poi si mise in terra ginocchione

     Facendo a Vener cotale orazione.

XXXIV.

O santa Dea, la cui forza e valore
     Ogn’altra passa mondana e celesta,
     O Vener bella col tuo figlio Amore,
     Che fere i cori e gli animi molesta,
     A te ricorro con divoto core,
     Siccome a quella c’hai in tua potesta
     Il cor di tutti, che questo mio priego

     Degni ascoltare, e non mi facci niego.

XXXV.

Tu sai, Iddea, come agevolmente
     Io mi lasciai pigliare al tuo figliuolo
     Il giorno che Dïana parimente
     Vidi alla fonte con l’adorno stuolo
     Delle sue ninfe, e come tostamente
     Nel cor sentii delle tue frecce il duolo,
     Per una ch’io vi vidi tanto bella,
     Che sempre poi nel cor m’è stata quella.


ninf. fies. 5