Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/87

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parte quarta 81

XXI.

S’Affrico innamorato di lei era
     Non bisogna più dir, ch’assai n’è detto:
     Ma insieme andando, per cotal maniera
     Portava ascoso il fuoco nel suo petto,
     E più ardeva che non fa la cera,
     Veggendosi mirare al suo diletto,
     E parlare e toccare e farsi onore,

     Per peritezza gli batteva il core.

XXII.

E infra sè dicea: che farò io?
     Io non so ch’io mi dica, o ch’io mi faccia:
     Se io scuopro a costei il mio disio,
     Io temo forte che poi non le spiaccia,
     E che ’l suo amor non mi tornasse in rio
     Odio, e con l’altre mi desson la caccia;
     E s’io non me le scuopro questo giorno

     Non so quando a tal caso mi ritorno.

XXIII.

Se queste ninfe almen si gisson via,
     Che son con noi, io pur mi rimarrei
     Qui solo nato con Mensola mia,
     E più sicuramente mi potrei
     A lei scoprire, e mostrar quel ch’io sia,
     E se fuggir volesse, allor sarei
     A pigliarla sì accorto, che fuggire
     Non si potrebbe nè da me partire.


ninf. fies. 6