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Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/94

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88 ninfale fiesolano

XLII.

Sì gran dolore a Mensola al cor venne,
     Che nelle braccia d’Affrico cascata
     Tramortì tutta, ond’egli la sostenne;
     E poi che nel bel viso l’ha mirata,
     Le lagrime negli occhi più non tenne,
     Temendo ch’ella non fosse passata
     Di questa vita, perchè tra le fronde

     Di molti alberi con lei si nasconde.

XLIII.

Quivi a seder con lei insiem si pose,
     In sul sinistro braccio lei tenendo,
     E con la destra man le lagrimose
     Guance di lei asciugava, e piangendo
     Diceva con parole assai pietose:
     O morte, or hai ciò ch’andavi caendo;
     Che poichè tolto m’hai ogni mia gioia,

     Con lei insieme converrà ch’io muoia.

XLIV.

E riguardando il tramortito viso,
     E quel baciando, diceva: amor mio,
     Perchè da te sì tosto m’ha diviso
     La ria fortuna in questo giorno rio?
     E questo ed altro mirandola fiso
     Diceva, bestemmiando il suo disio,
     Che fu troppo corrente a tal’impresa,
     E che sì forte avea Mensola offesa.