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parte quarta | 89 |
XLV.
Ma poi ch’egli ebbe fatto un gran lamento
Sopra ’l palido viso tramortito,
E mille volte e più con gran tormento
Baciato, e delle lacrime forbito,
Nè più avendo di viver talento,
Di morte darsi avea preso partito,
E per morir già si volea levare,
XLVI.
Li spiriti di Mensola rotando
Eran per l’aer già gran pezzo andati,
E dopo molto nel corpo tornando
Nelli lor luoghi si furon rientrati,
Quando Mensola forte sospirando
Si risentì con atti spaventati,
Dicendo: oimè, oimè, lassa, ch’io moro!
XLVII.
Affrico quando vide ch’era viva
Mensola sua, che prima parea morta,
Tutto nel cor di letizia ravviva,
E poi con ta’ parole la conforta:
O fresca rosa, olïente e giuliva,
Per cui la vita mia gran pena porta,
Deh, non ti sgomentar, nè aver paura,
Che tu puoi star con meco ben sicura.