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«CENTURIA TERZA - RAGGUAGLIO LXI

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RAGGUAGLIO LXI

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[GliJ Spagnuoli accusano [i] Francesi di aver concitato loro contro i Turchi, [ma avendo il capo della loro ambasceria intese da Apollo alcune parole all’orecchio, se ne parte coi suoi].

Li Spagnuoli, li quali nelle offese che ricevono fanno la memoria locale, né si scordano mai delli torti che si fanno loro e li perdonano con la clausola: «purché non venga l’occasione buona di vendicarsi», dopo tanti anni che succedé il caso del re Francesco primo, sei giorni sono l’accusáro presso Sua Maestá per empio, avendo incitato contro li Cristiani quella fiera arrabbiata, quel tiranno crudelissimo del Turco. La Maestá d’Apollo disse che non voleva ascoltare simili querele e comandò alli Spagnuoli che tacessero; li quali, essendo in tutte le cose loro molto arditi, acerbamente si dolsero che Sua Maestá amasse tanto li re di Francia, che nemmeno volesse udir li vizi loro e le oppressioni che faceano; non altro rispose Apollo, che essi non sapevano quello che si dicevano, e avendo chiamato a sé il dottor Velasco, che fu quello che ragionò a nome pubblico, gli disse alcune parole all’orecchio, dopo le quali avendo il Velasco usate parole di ringraziamento con Sua Maestá, si parti con tutta la sua nazione, alla quale con sommessa voce disse: — Andia moci, signori, ché Apollo ama piú noi che li Francesi, e noi inavvertitamente, procacciando la vergogna all’altri, cercavamo di scoprire li vituperi della nostra nazione, perché liberamente mi ha detto che non tocchiamo questo tasto di accusare li Francesi per aver attizzato contro di noi li Turchi, perché questo errore gravissimo fu prima commesso da un prencipe grandissimo catalano contro Carlo ottavo, re di Francia, quando andò all’acquisto del regno di Napoli.

T. Boccalini, Ragguagli di Parnaso - ili.

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