Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/212

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piú umili dimostrazioni; tutte cose che a’prencipi elettivi e ai loro parenti fanno conoscere che esattissimo fa bisogno che sia l’esame, il quale si fa sopra la vita e i costumi di quello a cui la dignitá e le ricche rendite si conferiscono, che piú non si possono ritórre: avvertimento sopramodo necessario e il quale il vero maestro degli uomini accorti, Tacito, ricordò ai vostri pari : «Dispiceret quisque merita, tardeque concederei quod datum noti adimeretur» <0.

[Si presentò poi ad Apollo il duce de’ Laconici e disse che], a fine di aver un soggetto confidente, al quale con riputazione di negozi gravi avesse potuto appoggiare parte del governo dello Stato suo, fino alla suprema dignitá senatoria aveva esaltato un suo servidore antico, negli affari privati conosciuto da lui d’una fede incorrotta, di una mansuetudine singolare, di un animo umile e a maraviglia ben composto; ma che poi, nel progresso di pochi giorni (tanto a quelli che nelle corti aspiravano alle supreme dignitá era nota la dottrina di ben sapere occultare i vizi con [i] quali erano nati, e tanto gli onori delle nuove grandezze i costumi degli uomini mutavano o scuoprivano) non solo con una portentosa arroganza voleva farlo ministro delle sue private passioni e, sempre tirandolo nella sua volontá, esser arbitro di ogni negozio; ma l’aveva scoverto cosi ambizioso, che fino dal primo giorno che fu assunto alla dignitá senatoria si pose tanto di lontano ad ordire e preparar per sé il prencipato dopo la morte del suo signore, che, per giungervi, non solo gli aiuti si procacciava di diversi prencipi stranieri poco confidenti al suo signore e i favori de’ senatori di contraria fazione, ma che fino al residente, che il prencipe di Macedonia teneva in Parnaso, quei segreti di Stato aveva fatto palesi, che da lui piú dovevano esser taciuti. Tutte cose delle quali egli averebbe fatto passaggio, ma che ultimamente gli era stato suggerito da’ suoi amorevoli che quel perfido signore, nelle mani del quale egli aveva posto la sua vita, trattasse di allora levarlo dal mondo,

(i) [Tacito, nel libro XIII degli Annali, cap. 27 .]