Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/213

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che le sue speranze d’esser eletto prencipe piú avesse veduto mostrare [buon viso]; e che lo sceleratissimo modo di procedere, col quale l’immensa sua liberalitá era stata contracambiata, di gran lunga superando l’ingratitudini tutte, supplicava Sua Maestá che ne facesse quella severa dimostrazione che si conveniva alla bruttezza del delitto. Sopra la credenza di ognuno da Apollo, da’ suoi giudici e dalla audienza tutta virtuosa pessimamente fu inteso il brutto modo di procedere, che contro prencipe di tanta beneficenza aveva usato quell’ingrato servidore: e mentre tra i giudici si discorreva della qualitá della pena con la quale faceva bisogno punirlo, Apollo al duca de’ Laconici cosi disse: —Voi, virtuosissimi prencipi, con la vostra querela viva mi avete dimostrata la persona di quel ambizioso Bruttedio, la quale il mio politico Apelle Tacito nelle tavole de’ suoi Annali col mirabil pennello della sua penna tanto del naturale dipinse: «Bruttedium artibus honestis copiosum et, si rectum iter pergeret, ad alarissima quaeque iturum, festinatio extimulabat dum aequales, deinde superiores, postremo suasmet ipse spes anteire parat, quod multos etiam bovos \pessum\ dedit, qui, spretis quae tarda cum securitate, praematura vel cum exitio properant» b). E in vero, che ne’ ben regolati prencipati elettivi ed ereditari l’ingratitudine de’ servitori beneficiati, l’infedeltá de’ ministri esaltati alle dignitá piú supreme e da me e da ogni altro prencipe con severissimi castighi deve esser punita: ma nello Stato laconico, dove gli ordini tanto sono regolati e dove nelle cose piú importanti si veggono abusi grandi, chiaramente vedendosi che con i castighi ancorché frequentissimi non si ottiene il fine di spaventar l’ingrati e i troppo ambiziosi, lo star tutto il giorno sul privargli altro non partorisce che con un rigore inutile acquistarsi il nome di severo. Ma per affatto liberarsi da questi mali fa bisogno imitar i medici, i quali, allora che all’infermo per la continua distillazione del capo veggono lo stomaco indebolito, saggiamente per risanarlo medicano il

(i) [Tacito, nel libro III degli Annali , cap. 56.]