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CARTEGGIO

paggi, che vi avrebbe fatto impazzire. Era egli un omaccio grande e grosso, di cinquantanni, un viso arcigno in chiaro scuro, la barba rasa, e di grandi occhiacci stralunati, che pareva Filippo Melantone. Cavalcava una mula secca e alta di gambe fuor di misura, simile alla giraffa, con una gualdrappaccia di corame tempestata di fango e di muffa, che rassomigliava alla sbernia di un di quei cavalli del Trionfo della Morte; aveva due stivali in potacchio o a guazzetto, con gli speroni come quelli costá di Bartolomeo da Bergamo, e la briglia della bestia era di un misto corruttibile fra il cordovano e la fune, con le false redini di metallo larghe quattro dita e fatte di getto, credo io, da Donatello o da Bacino Bandinello, e però erano piú d’ogni altra cosa riguardevoli, massime che in una di esse si descriveva di basso rilievo un disegno del mondo alla riversa e nell’altra quello della cuccagna, oltreché, non avendo la sella il solito arcione, egli lo portava attaccato alla Centura, la quale arrivava sin sotto le zinne per dar luogo ad una gran massa di budella, che, involte in un sacco grandissimo di carnaccia, servivano per porta cappe e dividevano in guisa di architrave e di spezzato tutta la prospettiva di quella macchina. Aveva il reverendissimo in capo una berrettaccia a falde di colore fra il nero e il lionato, ma non vi saprei dire di che panno, poiché, nel giudicarla di lana, mi parve di velluto, e stimandola di velluto, la credei di tela sangalla: basta, che sotto di essa si vedevano quattro dita di scuffia bianca imbrunita con i suoi orecchini del medesmo, dopo i quali spuntava la zazzera; e la berretta poteva esser grande circa quindici palmi di circonferenza, molto bene proporzionata al centro perpendicolare del suo naso, la cui punta fu a S. Pietro prima che il resto dell’individuo fosse giunto all’Arco di Portogallo. Restringevasi tutto l’altro composito in un giuppone di corame pieno di tanfo e di lezzo, ch’avrebbe ammorbato dieci stufe, bottonato con certi uncini di ferro, che potevano servire per trofeo geroglifico del martirio di qualche Santo, e invece di collare gli pendevano attorno al collo due gran palmi di tela affumi