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CARTEGGIO
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cata; ma disposta con cosi strabocchevole simetria per decoro e ornamento di quel ceffo, che certissimo il cavalier Muzio avrebbe detto: — Abrenuntio! — a’ compassi, ai quadranti e agli archipendoli, per non saper mai arrivare alla fantastica cognizione delle sue proporzioni. Portava un palandranaccio in foggia di piviale, mezzo di corame e l’altra metá di feltro, con le maniche a cencio e una guarnizione di filo di ferro in grottesca, che né Giotto, né Cimabue inventarono mai nel mosaico le piú sconcertate falde o piegature; oltre che gli pendeva da un lato un calamaio di bronzo di smisurata grandezza e dall’altra un breviario con le fibbie a botta di moschetto, involto in un sacco sucido di vacchetta di Fiandra, da metter spavento a qualsivoglia ben insolente diavolo. Il resto lo lascio giudicare a voi, poiché ancora rido, e non credo che l’India nello sbarco della sua flotta mandasse mai nel nostro mondo il piú mostruoso animale di questo: imaginatevi se, per far un’appendice alle carte di tarocco, si può trovare la piú bella figura.
[Roma, ultimi di dicembre 1612.]
XXIX
Ad un amico veneziano.
I piú veri e piú sicuri precetti politici, illustrissimo mio signore, sono quei che altri cavano dalle risoluzioni prudentemente pigliate o dagli errori commessi dalli prencipi grandi nelle deliberazioni delle faccende loro piú importanti; ovvero, lo studio politico tutto stando posto nella severa e giudiziosa censura delle azioni de’grandi, li studiosi delle istorie, c’hanno talento di ben saperle esaminare, ne cavano piú eccellenti precetti per ben governar li popoli ; il che essendo verissimo, non è meraviglia se i migliori scrittori delle cose di Stato