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TRADUZIONI

Gnatone. — O corpo di mio padre, questa è una dolcissima pasta di prencipe !

Trasone.— Anzi, egli è tale che ha pochi pari.

Gnatone. — E io credo che non ne abbia alcuno, se tien questo pan perduto in corte.

Trasone. — Or odi questo, Gnatone: quando e’prencipi e baroni di corte s’avvidero che lTmperadore non potea viver un’ora senza di me, rodeano chiodi di rabbia e cominciarono tutti a mormorar de’ fatti miei ; ma io non gli stimava un pelo, onde essi maggiormente arrabbiavano. Ma, tra gli altri, un mozzo di stalla fuor di modo m’odiava a morte e, perché io ancora, che ho per costume di non portar in groppa, l’avea piú degli altri nelle corna, non mi potei tener che non gli dicessi un giorno: — Ti stimi tu, manigoldo, atto a cimentar col capitan Trasone, perché stregli la mula e comandi alle bestie?

Gnatone. — Oh, buono ! Oh, come ne gli attaccaste bene ! Che vi rispose il disgraziato?

Trasone. — Gli entrò cosi orrenda paura nell’ossa, che perdé subito la parola.

Gnatone. — Fu miracolo grandissimo che non morisse di morte subitanea, come sarebbe accaduto ad ogni altro.

Parmenone. —Credi che quel disgraziato sia capitato in buone mani? E odi quest’altro sciaurato, come bene pon in atto pratico le stupende virtú, che egli disse poco fa di avere.

Trasone. — Hotti io mai, Gnatone, raccontato come in un pasto leggiadramente pungessi un sbarbatello da Rodi ?

Gnatone. — Come volete avermelo raccontato, se non vi odo mai redir cosa che facciate? Però fatemi grazia di narrarmelo. Mi venga la peste se non me l’ha giá raccontato piú di mille volte.

Trasone.— Son contento farti questa grazia, ché oggi contro ogni mio solito, mi hai colto di vena di dire: questo fiaschetto da Rodi, ch’io ti ho detto, si trovava meco in un convito, ove io a caso avea un’amica; costui incominciò a