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TRADUZIONI

Pámfíla; finalmente rendetele pan per stiacciata, che cosi la terrete a stecchetto.

Trasone. — Io vo considerando, Gnatone, che cotesto che tu dici mi giovarebbe quando ella fosse veramente incapricciata di me.

Gnatone. — Che occorre dubitare di questo? Non vi accorgete voi al ricever de’ vostri presenti che ella vi muor dietro? Anzi, voglio scoprirvi un secreto, che è questo, che quando le donate qualche cosa, ella va tutta in sugo d’agresta, ed è una bellezza, una consolazione il veder come gli riceve con affezione; e vi fo saper di piú, che la meschina è cosi sbudellatamele innamorata di voi, che se un sol giorno steste senza donarle qualche cosa, venirebbe meno di dolore, e sempre teme che, iscorrucciandovi con esso lei, non rivoltiate l’utile che fate a lei in qualch’altra sgualdrina sua pari.

Trasone. — Tu hai dato nel segno; non si potea al mondo dir meglio, ma cotesta tua ragione non mi sovveniva.

Gnatone.— Or si che mi fate ridere! Non vi avevate applicato il cervello, perché il medesimo vi sareste immaginato voi, molto meglio di me.

SCENA SECONDA

Taide, Trasone, Gnatone e Parmenone.

Taide. — Parmi aver udita la voce del signor Capitano, ed eccolo qua. Benvenuto, signor capitan Trasone!

Trasone. — Oh, Taide, speranza mia e mia imperatrice, che si fa? Quanto vi è cresciuto l’amor che mi portate per lo bel dono che vi ho fatto della giovane?

Parmenone. — Nota che bel principio ha dato nel primo arrivo.

Taide. — Infinitamente, come infiniti sono e’ vostri meriti.

Gnatone. — A che proposito stiamo noi piú qui a perder tempo? Perché non andiamo a cena?