Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
TRADUZIONI
421
uno strepito tale, qual suol far la famiglia quando e’ padroni sono fuor di casa; or frattanto la giovane si addorme: io per le fessure del ventaglio la sto remirando e similmente do dell’occhio intorno, notando se il luogo è sicuro, e accortomi che non vi era pericolo alcuno, serro di dentro la porta col chiavistello.
Antifo. — E poi che fu?
Cherea. — E poi che fu? Sciocco che siete a rechiedermene !
Antifo. — Lo confesso.
Cherea. — Dovea io perdere una occasione tale, che mi si parava innanzi, tanto brieve, tanto bramata e balzatami nelle mani? Anzi, ti dico di piú, che per vagheggiar la giovane forse non mi curerei esser veramente quell’eunuco cui io rassomigliava.
Antifo. — Certo che avete ragione, ma, ritornando a’ fatti vostri, che avete fatto de’ denari e de’ pegni che vi furono dati per la cena?
Cherea. — Ho fatto por all’ordine quanto fa bisogna.
Antifo. — Mi siete riuscito piú valentuomo di quello ch’io mi credea; ma dove si è fatto l’ammannimento? Forse in casa vostra?
Cherea. — A casa di Disco.
Antifo. — Oh, egli sta lontano, a casa di Dio.
Cherea. —Spediamoci dunque tanto piú presto.
Antifo. —Andate dunque a rivestirvi.
Cherea. — Dove mi caverò io questi panni? Certo che mi veggio ridotto a mal partito; son bandito di casa mia, ché temo che mio fratello sia dentro e, quel che è peggio, pare ch’il cuor mi dica che mio padre sia tornato di villa.
Antifo. — Andiamo dunque a casa mia, ove vi potrete mutar di panni comodamente.
Cherea. — Dite bene: andiamo e voglio consigliarmi con esso voi quanto al fatto di questa giovane, che strada posso tenere per godermela lungo tempo.
Antifo. — Faremo quanto desiderate. Andiamo.