Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/436

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TRADUZIONI

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Cremete. — Oh, felicissimo me, che odo io ora?

Taide. — Ella poi è stata da mia madre allevata con quella cura, che merita l’onor vostro e che richiedevano le maravigliose qualitá della giovane.

Cremete. — Questo ancora vi si aggiunge di piú! Oh, Taide, che nuova felice che odo e che dono immenso è questo che mi fate! E pur non scherzate meco?

Taide. — Vi dico la stessa veritá: e giá ve la dono liberamente, senza prezzo né contracambio alcuno.

Cremete. — E quando bene volessi, o con prezzo di denari, o con contracambio pagarlo, non potrei mai soddisfar alla molta vostra cortesia, liberalissima Taide mia. Io mi arrossirei ringraziarvi di questo singolarissimo dono, per non parer di voler contracambiarlo di semplici parole; e a me credo che basterá dir questo solo, che io vi ridono lei, me e la casa mia tutta, la quale sará sempre prontissima in ogni vostra minima occorrenza.

Taide. — Non occorre che mi diciate altro, messer Cremete; io so in cui colloco questo beneficio, ma dovete aver cura che prima non la perdiate, che la riceviate da me, perché poco fa il Capitano me la donò e ora viene a ritórmela per forza. Tu, Pizia, corri in casa e porta a basso quel canestrino picciolo, ove vedrai certe scritture.

Cremete. — O non vedete voi il Capitan delle Bebbe, che ne vien di qua?

Pizia. — Dite, padrona mia, e dove sta questo canestrino?

Taide. — Nella cassa delle biancherie; tu sei piú fastidiosa che le mosche la state! Che non ti muovi?

Cremete. —Oh, quanti manigoldi mena seco! Ponete mente, di grazia.

Taide. — Siete voi forse, messer Cremete, niente pauroso?

Cremete. — Andate via, di grazia, io pauroso? Non la cede ad Orlando per conto di cuore.

Taide. — Mi piace, e cosi vogliono esser gli uomeni.

Cremete. — Per quanto m’avveggo, non dovete esser molto informata del fatto mio quanto a questo particolare.