Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
432
TRADUZIONI
Taide.— Anzi, fo un mio conto, che questo Capitano, col quale avete da fare, è forastiere, manco potente, manco conosciuto e piú povero di amici che non siete voi.
Cremete. —Tutto questo è verissimo, ma è sciocchezza porsi a quei rischi che altri può schivar agevolmente. Voglio piuttosto che forniamo questa rissa e castighiamo questo ribaldone a man salva: però andate in casa e serrate ben bene la porta di dentro, mentre io dò una corsa sino in piazza, perchè voglio aver qualche compagno che mi faccia spalla in questa questione.
Taide. — Fermatevi; non voglio che vi andiate.
Cremete. — È meglio far come vi ho detto.
Taide. — Fermatevi, dico.
Cremete. — Lasciatemi partir, di grazia, che sarò qui or ora.
Taide. — Credetemi, messer Cremete, che non vi è bisogno di altro aiuto: dite ch’ella è vostra sorella, e che la perdeste mentre ella era fanciulla, e che la rivolete, poiché l’avete riconosciuta, e dategli e’ contrasegni.
Pizia. — Padrona, ecco qua il canestrino, le scritture e ogni cosa.
Taide. — Pigliate, messer Cremete: questa è la fede del mercatante, che donò la giovane a mia madre, ove fa buon testimonio, come quei ladroni, da’ quali egli l’avea compra, la rubarono a Sunio, ove ella stava con altre donne alle possessioni che vi avete; però, se il Capitano vorrá farci qualche superchieria, fatelo citar al governatore. Mi avete intesa?
Cremete.— Sta benissimo.
Taide. — Fate che non vi lasciate morir la lingua in bocca, ma dite le vostre ragioni coraggiosamente.
Cremete. — Statene sopra di me.
Taide. —Tiratevi su la cappa. Ti so dire che sto fresca, poiché mi apparecchio aver uno per avvocato, che avrebbe bisogno di star sotto il procuratore.