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TRADUZIONI

Taide. — Chi ve l’ha condotto, e per qual cagione è stato menato in casa nostra?

Pizia. — Non lo so, senonché m’immagino ch’egli fosse innamorato di Pámfila.

Taide. — Ohimè, eccomi tronco ogni mio disegno, se costei dice il vero! E per questo piange la giovane, che il signor Cherea le ha fatto forza?

Pizia. — Credo di si.

Taide. — Che dici tu, ribalda? Questo è quello che ti commisi nella mia partita, eh ?

Pizia. — Io, signora padrona, vi confesso il mio peccato, ché non mi piace mai scommodar e’ fatti degli altri : s’il signor Cherea si fosse disposto toglier la verginitá a me, non gli avrei saputo dir di no; pensate poi s’io dovea impedirgli la giovane, oltre che io glie la lasciai in guardia, come mi comandaste.

Taide. — Disgraziata che sei ! Hai data la pecora in guardia al lupo. È forse peggiore la vergogna di esser stata cosi vituperosamente ingannata, del danno; ma pon mente, Pizia, che foggia di uomo è colui lá?

Pizia. — Uh, padrona mia, state di grazia cheta: noi siamo sicure, poiché abbiamo il malfattore in mano.

Taide. — E dove è egli?

Pizia. — Qua da man ritta; non lo vedete voi ?

Taide. — Si, si, ora lo veggio.

Pizia. — Fategli dunque dar delle mani addosso quanto piú presto potete.

Taide. — O pazza che sei, e che gli faresti poi? Questi son casi che si devono occultare, Pizia, ed è pazzia andar col cembalo in colombaia e porsi e’ corni in capo.

Pizia. — Gli faremo far la dote e lo forzaremo a pigliarsela per moglie. Mirate, di grazia, se Dio vi guardi, se non par che abbia un viso envetriato, senza vergogna.

Taide. — Tu t’inganni, Pizia; egli si vede che è fratello di Fedria mio.

Pizia. — E di piú, ponete mente che sfacciataggine presuntuosa è quella di lui.