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ANNOTAZIONI

6 19 «e sopramodo» corr. da B O S su «grandemente e» di V (si noti che in N 3 «sopramodo» è caduto); 6 27 «quattro» corr. da B O S su «due» di V N 3 ; 6 30 «arrecano» corr. da B su «arreca» di V S O N 3 ; 7 1G «anzi... dominarla» agg. da B O S; 7 32 «altro» agg. da B N 3 O S.

6 14 È nota la stretta dipendenza della politica genovese da quella spagnuola nella seconda metá del ’500, conseguenza degli stretti e vantaggiosi rapporti finanziari che legavano la repubblica alla grande monarchia; in particolare i Genovesi monopolizzavano gli appalti delle gabelle nei territori soggetti a Spagna e le esigevano poi con aspro rigore e lucro ingente. L’allusione al «nobile appartamento» si richiama forse alle regali accoglienze tributate in Genova a Carlo V nel 1533 ed a Filippo II nel 1548.

7 10 Don Pedro Enriquez de Acevedo, conte di Fuentes, nato a Zamora nel 1525, valente generale di cavalleria, tenne dal 1595 il governo dei Paesi Bassi e passò nel 1600 a quello di Milano, dove mori il 22 luglio 1610; diplomatico abile e spregiudicato, ottenne notevoli successi senza far ricorso alle armi.

7 i3 II Boccalini allude alle tracotanti pretese avanzate dal Fuentes sul marchesato della Lunigiana, sul quale tentò di rivendicare la sovranitá spagnuola, con la conseguente sottomissione di quanti (Genova, Toscana, principe di Massa) vi possedevano feudi. Mentre il lavorio diplomatico perdurava (1601-4), Genova provvide a tutelarsi costruendo il forte di S. Maria, che dominava il golfo della Spezia, e il Fuentes in collera mandò (1605) alcune galere spagnuole a compiere nel golfo un’azione dimostrativa o un tentativo di sbarco; ma Raffaele Giustiniani, comandante del presidio genovese, minacciò di affondare le navi che non avessero lasciato immediatamente quelle acque, e la Spagna dovette piegarsi. Nel ragguaglio, che pare contemporaneo, brilla il compiacimento del Boccalini per la riaffermata indipendenza d’uno Stato italiano, che molti consideravano ormai aggiogato al carro spagnuolo.

7 19 Si ricordi che il Caporali aveva scritto ( Vita di Mecenate , X, 49-54) che per la moglie di Mecenate:

... l’onor fu tanto in pregio, ch’a Publio Nemo, gentiluom romano, gentiluom vero e non di privilegio.