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RAGGUAGLIO XXI

Li cani delle Indie sono divenuti lupi.

La notte delli dodici del corrente alle otto ore giunse ad Apollo un corriero in gran diligenza spedito da Lisbona, e si disse che dalle Indie occidentali avea portate nuove importantissime. La mattina molto per tempo ogni sorte di letterato corse al palazzo reale per intender qualche cosa di nuovo, e gli Spagnuoli furono i primi che con molta ansietá domandarono, se nelle Indie si era scoperto qualche altro monte di Potosi o nuovo Rio del Piata, ché voleano andar a seminarvi la santa parola di Dio, e i Francesi faceano instanza di sapere se era stato trovato qualche Mondo Nuovo, per fornir, con far tanto potenti gli Spagnuoli, di mandar in ruina il vecchio; ma per bruttissimo augurio fu tenuto Tessersi veduto che Apollo, lette che ebbe le lettere, grandemente si contristò e, cintosi di una foltissima nube, con una pioggia di abbondantissime lacrime amaramente pianse: per la qual novitá ognuno stimò che il corriere avesse portate nuove infelicissimè. Mentre dunque il fòro tutto era pieno di letterati e di ogni sorte di virtuosi, che molto afflitti aspettavano d’intender la cagione di cosi manifesta mestizia di Sua Maestá, dopo molti tuoni e infiniti lampi che si videro e udirono, fu sentita una spaventevole voce, che disse: — Digiunate, maceratevi, vestite di cilicio, aspergetevi di cenere, mangiate il pane con le lacrime, o voi che abitate la terra, e con le orazioni placate Tira del grande Iddio e con il cuor contrito e con l’animo puro supplicatelo, che si degni per sua infinita misericordia liberar il genere umano che abita il mondo vecchio dalle

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portentose novitadi, che si è avuto avviso certo esser succedute nel Nuovo.

A cosi spaventevole avviso, per la molta afflizione che nell’intimo del cuor loro ne sentirono, caddero i virtuosi tra