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28 | il contr’uno |
ma contro uno solo; e non contro un Ercole, nè un Sansone, ma contro un solo omicciattolo, che novantanove per cento è il più codardo e il più effeminato della nazione; che nemmen da lontano ha veduto la polvere delle battaglie, ma a fatica anche la rena dei tornei; e non che e’ sia buono di signoreggiare uomini con la forza, ma egli è tutto impicciato nel servire vilmente la più misera donnicciuola? S’ha a dir che questa è viltà di cuore? S’ha a dire, coloro che servono esser codardi e deboli? Che i due, i tre, i quattro, non si rivoltino ad uno solo, gli è un po’ strano, ma si può dare; e allora sta bene il dir ch’e’ non hanno cuore: ma se i cento, se i mille son fatti fare da un solo, chi dirà che essi non ce la vogliono, che non s’attentano a misurarcisi, che è codardía la loro, e non piuttosto sdegno e disprezzo? Al vedere, non cento, non mille città; ma un milione d’uomini non dare addosso ad uno, dal quale il meglio trattato di tutti riceve mal merito di essergli servo e schiavo, come si fa a dire che questa è viltà? Ecco, tutti i vizj hanno un certo confine, cui non ponno passare. Uno solo può far paura a due, anche a dieci; ma se mille, se un milione, se mille città, non mostrano il viso a un solo, questa per me non è codardía. La codardía non va tanto in là; come tanto in là non va la prodezza, che uno solo assalti una fortezza, affronti un esercito o conquisti un regno.
Che razza dunque di vizio è egli mai questo, che non merita neanche il nome di codardía? che non ne trova uno tanto obbrobrioso da lui? che natura lo ripudia, e la lingua non vuol nominare? Si mettano cinquantamila uomini armati di qua, e cinquantamila di là: si schierino in ordine di battaglia: si affrontino: questi