Pagina:Boiardo - Orlando innamorato II.djvu/147

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[St. 15-18] libro ii. canto viii 137

15 Vedeasi un loco cento volte cinto
     De una muraglia smisurata e forte;
     Chiamavasi quel cerchio il Labirinto,
     Che avea cento serraglie e cento porte;
     Così scritto era in quel smalto e depinto.
     E tutto parea pieno a gente morte,
     Chè ogni persona che è d’intrare ardita,
     Vi more errando e non trova la uscita.

16 Mai non tornava alcuno ove era entrato,
     E, come è detto, errando si moria;
     O ver, dalla fortuna al fin guidato,
     Dopo l’affanno della mala via,
     Era nel fondo occiso e divorato
     Dal Minotauro, bestia orrenda e ria,
     Che avea sembianza d’un bove cornuto:
     Più crudel mostro mai non fu veduto.

17 Ritratta era in disparte una donzella,
     Che era ferita nel petto de amore
     De un giovanetto, e l’arte gli rivella
     Come potesse uscir di tanto errore.
     Tutta depinta vi è questa novella,
     Ma il conte, che a tal cosa non ha il core,
     Alle sue spalle quella porta lassa,
     E per la tomba caminando passa.

18 Via per la grotta va senza paura,
     Ed era gito avante da tre miglia
     Senza alcun lume per la strata oscura,
     Alor che gl’incontrò gran meraviglia;
     Perchè una pietra relucente e pura,
     Che drittamente a foco se assimiglia,
     Gli fece luce mostrandoli intorno,
     Come un sol fosse in cielo a mezo giorno.

B. P. $eriUo nel marmo era e dipinto. — 82. P. Coi»' i7.