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Pagina:Boiardo - Orlando innamorato III.djvu/182

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xxx prefazione


loco, foco, tesoro, catena, cerca, anco, però, Macone, ormai, invece di locho, focho e simili, tanto più che il codice stesso reca talvolta anco, loco, dislocosse, cercare, ormai ecc. Parimente scrivo Astolfo, Galifrone, grazia, tutto, detto invece di Astolpho, Galiphrone, gratia, tucto, decto, perchè si può essere certi che in questi casi il latinismo non andava oltre la scrittura; ma conservo la grafia latina o latineggiante quando essa od è, o può essere un riflesso della pronunzia (triomfo). Se ho ecceduto alcun poco i limiti della discrezione, non so pentirmene del tutto. Le altre grafie latineggianti conservo coi loro ondeggiamenti, e stampo iocondo e giocondo, estima ed extima, destro e dextro, preziato e pregiato ecc.

Nel codice la fusione tra l’articolo e la preposizione non è sempre costante. Costante, o quasi, quasi è in un caso in cui oggi non ha più luogo, cioè in allui, allei ecc.; io la riputai un’abitudine grafica venuta per analogia, non già un riflesso della pronunzia, e sciolsi senz’altro il nesso. Sciolsi pure o raggruppai diversamente umpoco, abbattaglia, la cetta, egliera, chegli. che (ch’è), regolandomi, in questi ultimi casi secondo le abitudini del poeta.

Altre voci ora sono scritte tutte insieme, ora separate ne’ loro elementi etimologici; ma dal ricorrere più o meno frequente dell’una o dell’altra grafia, è facile conoscere se si tratti di una vera e propria incertezza grafica o di una svista. Così saranno accettabili tutte le grafie della congiuntiva «abbenchè», quali abenche, aben che, a benchè, a ben che? Non è il