Pagina:Bonarelli, Guidubaldo – Filli di Sciro, 1941 – BEIC 1774985.djvu/42

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          a me t’ascondi omai: que’tuoi sospiri
          ch’ora spargevi al ciel, mentre credevi
          che sol t’udisse in questo bosco il cielo,
          m’han ridetto il tuo male: e ti consola,
          ch’è mal d’amore, e non di morte, e male
          che fa nascer la gente, e non morire.
          Ma che riguardi? Volgi
          ver me cotesto viso. Ah, ah, se tace
          vergognando la lingua, odo che parla
          rosseggiando la gota;
          e dice in sua favella
          ch’a la fiamma del cor avvampa, anch’ella.
          Deh, s’ami, e perché vuoi
          vergognando celarlo?
          Celi nel cor, né porti
          nella fronte l’amor, chi l’ha rugosa,
          ch’una polita guancia
          è bel teatro, in cui venga dal core
          a far di sé pomposa mostra Amore.
          Amai anch’io ? mio Sirto, e la tua madre
          arse d’Ormino anch’ella.
          Né tacemmo per onta:
          s’ode ancor per le valli
          l’eco dei nostri amori.
          Ama Egeria Felisco, Urinda Armillo,
          Amaranta Licandro, e la tua Clori,
          la bella e saggia Clori,
          Clori, colei che tanto
          sembra d’amor nemica, or, se noi sai,
          vive solo e respira
          mentre d’amor sospira.
          E se pur de’ suo’ amori
          non parla a te, che sorda
          forse d’amor non senti,
          meco perٍ no ? tace.
          Odi quel che men disse