Pagina:Bonarelli, Guidubaldo – Filli di Sciro, 1941 – BEIC 1774985.djvu/67

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          Certa dunque è del capro
          la morte, e la cagione.
          Andiam, Filino.
          Fil.E dove?
          Celia.A ritrovar quell’erba.
          Fil.E che vuoi farne?
          Celia.A te di ciٍ non caglia.
          Fil.Ah con qual occhio
          rivedrٍ mai quel prato?
          Celia.Avacciati, Filino;
          ove se’ tu rimaso?
          Fil.Veggio Nerea che viene;
          deh lascia ch’io l’aspetti; ella suoi darmi
          per ogni bacio un pomo.
          Celia.Nerea? Seguimi tosto;
          non voler ch’io m’adiri.
          Fil.Or ecco, i’ vegno. —
          Oh, va come saetta!
          SCENA III
          Niso, Nerea.
          Niso.Deh fosse meco Aminta!
          Udrebbe anch’ei G istoria
          de l’altrui ferità, de la mia morte.
          Ner.Già udilla, e pianse. In lui
          m’avvenni allor che Celia
          fece da me partita;
          e le preghiere mie, le sue ripulse
          tutte gli raccontai,
          onde là presso al fiume
          ei si rimase addolorato e mesto;
          per tua cagion, s’intende.
          Niso.Or segui pur: che replicasti allora?