Pagina:Bonarelli, Guidubaldo – Filli di Sciro, 1941 – BEIC 1774985.djvu/68

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          Ner.Come dunque? (diss’io) Celia crudele,
          e non vorrai ch’un infelice amante
          possa teco parlando
          narrar almeno i suoi dolori?
          Niso.Ed ella?
          Ner.— Non sia pastor, diss’ella,
          o peregrino o paesan pastore,
          non sia pastor ch’ardisca
          Celia tentar d’amore.
          Ciascun mi fugga e taccia.
          E se ce n’ha ch’a mia cagion si dolga,
          dica a le piante i suoi dolori, e creda
          che men che Celia fien sorde le piante. —
          Niso.Oh fierissimo core!
          Ner.Ma ciٍ fu nulla: il viso
          parlٍ più che la lingua;
          ma ? linguaggio fu scuro,
          ned io per me lo ’ntesi.
          In quel punto io le vidi
          impallidir le gote,
          scolorarsi le labbra:
          lagrimar non la vidi,
          ma ben le vidi agli occhi
          senza lagrime il pianto.
          Indi poi, come sdegno
          prendesse di se stessa
          e di cotai sembianze,
          scosse il capo, e repente
          gli occhi raccesi, d’ira
          io la vidi avvampare, e minacciosa
          (non so già contra cui) stringere il dardo.
          Niso.Contra me certo: ed io,
          io stesso andronne addunque
          a portarle davanti il petto ignudo:
          io stesso di mia mano
          nuovamente aprirommi